Prendiamo in prestito il titolo - riadattato per l’occasione - di uno dei più famosi romanzi d’avventura di tutti i tempi, un po’ per gioco, un po’ perchè ci approcciamo a questo “giro” con lo stesso entusiasmo e desiderio di scoperta di cui la storia originale si fa portavoce.
Noi stessi, pur essendo siciliani, non conosciamo alla perfezione tutte le meraviglie che la Sicilia ha da offrire, e immergerci nella sua secolare tradizione culinaria sarà, per noi quanto - speriamo - per voi, un’esperienza emozionante e ricca di sorprese.
Dopotutto parliamo di una terra la cui tradizione enogastronomica è così ampia e variegata, così ricca di profumi, colori e suggestioni, per il palato e non solo, da costituire un mondo a sé stante che aspetta soltanto di essere esplorato.
E poiché compagno essenziale di ogni viaggio che si rispetti è il buon cibo, iniziamo a nutrire la mente, lo spirito e ovviamente anche lo stomaco.
La prima tappa ci porta in provincia di Trapani, e precisamente a Castelvetrano, dove si produce il caratteristico pane nero, un prodotto che nasce dalla terra stessa, frutto di antiche conoscenze e di un lavoro lento e paziente.
Oltre che a Castelvetrano, il pane nero è prodotto anche a Campobello di Mazara. Viene preparato con due diversi tipi di semole: una di grano biondo siciliano, l’altra ricavata dalla tumminìa (anche nota come timilìa), un grano duro anch’esso siciliano, più raro e meno conosciuto. Entrambi sono integrali e macinati a pietra.
La preparazione del pane ha in sé un chè di rituale, ed è il risultato di un procedimento legato ad antiche tradizioni. L’impasto è composto dalle due farine integrali descritte sopra, da sale di Trapani e lievito naturale (chiamato lu criscenti).
Viene fatto lievitare a lungo e poi cotto a 300°C in forni rigorosamente di pietra. Non cuoce tuttavia a contatto diretto con le fiamme. Il forno viene prima alimentato con l’ausilio di fronde d’ulivo: quando raggiunge la temperatura desiderata, il fuoco viene spento, le fronde rimosse e il forno accuratamente pulito (tradizionalmente con una scopa di palma nana). Solo dopo questo passaggio si posiziona l’impasto lievitato e si lascia cuocere. Quando il forno si è ormai raffreddato, il pane può considerarsi cotto.
Proprio la complessità di questa preparazione ha determinato in passato la quasi totale scomparsa del pane nero.
L’aspetto del pane è molto caratteristico e immediatamente riconoscibile. Ha una tipica forma a pagnotta (in siciliano, vastedda) e una crosta molto scura - color caffè - dovuta proprio alla tumminìa. La crosta è ricoperta da semi di sesamo. L’interno invece ha un ricco colore dorato, morbido e dolce. Il profumo è intenso, specialmente appena sfornato. Il gusto ha delle note avvolgenti che sanno di tostato, di mandorla e di malto. Inoltre si avverte anche un retrogusto caratteristico dato dalle fronde d'ulivo utilizzate per alimentare il forno.
Quando è ancora caldo, l’ideale è gustarlo anche solo con olio d’oliva, sale e origano, oppure arricchirlo con pomodori, sarde salate e basilico. In sostanza, il cosiddetto pani cunzatu.
Il Pane nero di Castelvetrano è tutelato come presidio di Slow Food
e dal 2008 è in corso il processo per renderlo anche un prodotto DOP. È un simbolo delle tradizioni siciliane, con i suoi semplici ingredienti e la lunga lavorazione, rievoca profumi e sapori antichi. Una tradizione che sopravvive, frutto della tenacia e della volontà di una comunità che se ne è fatta testimone e promotrice.
Di seguito un video, pubblicato su Youtube da Webmarte TV, mostra la preparazione del Pane nero di Castelvetrano:
L’idea di questo viaggio alla scoperta della ricca enogastronomia siciliana nasce ispirandosi a Sikuleat, un progetto anch’esso siciliano al 100%. Sikuleat è un gioco da tavolo che - attraverso l’uso di strategie e scambi commerciali - propone un viaggio nella storia e nella cucina siciliana, un espediente divertente per imparare a conoscere le tante eccellenze che offre. Per saperne di più, potete dare un’occhiata alla nostra pagina dedicata a Sikuleat. |