Non si può negare che ci sia qualcosa di affascinante - persino mistico - nella creazione di un oggetto in ceramica: è un processo che coinvolge tutti e quattro gli elementi naturali, acqua, terra, aria e fuoco, come se fosse la natura stessa a decidere di voler dare il meglio di sé nelle mani dell'uomo creando, con un perfetto dosaggio di tutti i suoi "ingredienti", equilibrio e bellezza.
In Sicilia tutto questo lo sappiamo bene, e ritroviamo questa antica conoscenza nella nostra produzione di ceramica. Tra tradizione e innovazione, pezzi classici e sculture avveniristiche, contaminazioni storiche e influenze moderne, non è affatto un’esagerazione definire la ceramica siciliana una parte fondamentale dell’identità di questa terra, riconosciuta e apprezzata in casa certo, ma anche (e soprattutto) nel resto del mondo.
Tra ispirazioni autoctone e contaminazioni esterne
Come tutto ciò che compone il volto sfaccettato dell’isola, anche la ceramica è il risultato di una miriade di influenze diverse. Il nome stesso, “ceramica”, deriva dal greco kéramos che vuol dire semplicemente “argilla”. Questa nobile arte ha però origini ben più antiche di quelle greche, e affonda le sue radici nella cultura orientale e africana, in particolare del Giappone e del Sahara.
La ceramica siciliana come la conosciamo oggi è figlia della profonda influenza della dominazione araba, protagonista sull'isola a partire dal IX secolo (827), che ha introdotto in Sicilia la cosiddetta "invetriatura piombifera": questa tecnica consiste nel cospargere la ceramica con una miscela di sostanze (il cui elemento fondamentale è il silicio) che si “vetrificano” quando vengono cotte. Oltre a dare la tipica patina “lucida” alla ceramica che tutti noi conosciamo bene, è una tecnica che consente di rendere gli oggetti impermeabili. (Nell'immagine a destra: due esempi di catino invetriato policromo, produzione siciliana, X-XI sec., fonte: www.regione.sicilia.it).
A questo fondamentale apporto dal punto di vista della tecnica, si unirono poi linguaggi figurativi che si ispiravano direttamente ai motivi e ai decori della tradizione islamica (ghirigori, motivi floreali ecc...), ancora visibili nelle decorazioni attuali.
È importante ricordare che la produzione autoctona non sparisce mai del tutto, ma continua nel corso dei secoli e si mescola man mano alle diverse influenze che si susseguono sull’isola. È anche questo che dona alla ceramica siciliana le sue caratteristiche così peculiari e immediatamente riconoscibili: la capacità di integrare influenze e stili artistici con tradizioni preesistenti sul territorio, dando vita a quella contaminazione creativa che sappiamo essere presente praticamente in ogni aspetto della nostra storia.
Caltagirone, città simbolo della ceramica siciliana
Se ne sapete qualcosa di ceramica siciliana, allora la prima città che vi sarà venuta in mente è senza dubbio Caltagirone. E in effetti, l’origine stessa del nome ci dà già un’idea della sua importanza in tal senso: l’arabo Qal’at al Ghiran, che significa “Rocca dei Vasi”, a testimonianza di una produzione cominciata persino prima della conquista araba.
La maggior parte dei manufatti è però andata perduta in seguito al famoso terremoto del 1693, che ha sconvolto e ridisegnato buona parte della Sicilia sud orientale. Esistono ancora tracce di opere antecedenti, e possiamo ritrovarle in collezioni private sparse in tutto il mondo. La ceramica è poi rifiorita a partire dal ‘700 grazie al lavoro dei cannatari (i tradizionali artigiani della ceramica calatina), arricchendosi di nuovi motivi e decori, mantenendo quella notorietà che ricopre tutt'oggi. La città è sede inoltre del Museo Nazionale della Ceramica, uno dei più importanti d’Italia.
La ceramica di Caltagirone è famosa per via dei colori accesi e dei tipici decori barocchi, ma anche per forme e soggetti tradizionali e facilmente riconoscibili: pensate alla scalinata di Santa Maria del Monte, vero e proprio simbolo della città, interamente decorata con mattonelle in ceramica dagli stili più disparati, che raffigurano tutte le varie influenze della ceramica siciliana (e calatina). (A sinistra, la scalinata durante l'infiorata e con i lumini per la festa di San Giacomo, e un dettaglio delle decorazioni sui gradini - fonte www.barbarapicci.com, www.guidasicilia.it e www.paesionline.it)
Oltre a Caltagirone, i principali centri della ceramica siciliana sono oggi Santo Stefano di Camastra, Burgio, Patti e Sciacca. La produzione è molto varia e diversificata: vasi e contenitori di forme e stili diversi, le famose Teste di Moro (qui un articolo dedicato, se volete saperne di più), pigne, piatti, acquasantiere, figure del presepe… la lista è potenzialmente infinita, un’arte così raffinata e diffusa come quella della ceramica la ritroviamo in tutti gli aspetti del vivere quotidiano, negli oggetti d’uso comune tanto quanto in vere e proprie opere d’arte.
Su Putia.eu, la ceramica siciliana trova alcune espressioni eccellenti nel loro tentativo (riuscito) di reinterpretare la tradizione:
- Don Corleone objects, con i suoi colori brillanti e le sue forme geometriche e squadrate, che mescolano diverse influenze (Picasso, De Simone, Frida Kahlo) insieme all’ispirazione stessa dell’artista;
- Folk Lavastone, che unisce alla produzione della ceramica, reinventata in chiave “pop”, anche l’uso di un altro dei materiali tipici di questa terra, la pietra lavica (se volete saperne di più, qui il nostro approfondimento), reinterpretata in forme geometriche dai colori intensi;
- Improntabarre, ceramica di Caltagirone, che si distanzia però nettamente dalla sua tradizione (o per meglio dire, la trasforma in qualcosa di totalmente nuovo), con l’obiettivo di riproporre uno stile minimal sia nelle forme che nei colori, senza per questo rinunciare a raccontare qualcosa di quella stessa tradizione da cui proviene;
- Freaklab, laboratorio artistico del talentuoso artista palermitano Antonio Sunseri che, lavorando con terracotta e maiolica, esplora il mondo del grottesco, dando vita figure “mostruose” che pur attirano inesorabilmente il nostro sguardo.
Prima di andare, ancora un paio di curiosità:
- Anticamente, la produzione di ceramica era molto legata alla diffusione delle farmacie (o speziarie). Questo perché nelle farmacie si creavano e distribuivano unguenti e medicamenti vari, per i quali venivano appositamente realizzati in gran numero piccoli recipienti, boccette o in generale contenitori di terracotta.
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Le lucerne sono uno dei pezzi più tradizionali della ceramica siciliana in generale e di Caltagirone in particolare. Nascono come semplici vaschette circolari con un beccuccio all’orlo. Nel Medioevo a questa vaschetta fu applicato un supporto che permetteva di tenere ben alta la fiammella. L’aspetto delle lucerne è rimasto praticamente invariato in tutta la parte occidentale della Sicilia (Palermo, Sciacca, Trapani), mentre ha subito notevoli cambiamenti nella zona orientale, a partire proprio da Caltagirone. Dal ‘700 in poi comincia a estendersi il repertorio delle “figurine” (prima raffiguranti più che altro damine e matrone), che venivano spesso usate per rappresentare categorie sociali, arti e mestieri, e in generale la colorita vita popolare dell'epoca. Gli artigiani della ceramica calatina si sbizzarrivano con soggetti e costumi, usati per parodiare figure reali (a destra potete vederne un esempio - fonte www.sicilylifestyle.com).